Scuola e IA: cosa cambierà nell’istruzione con l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa?

Articolo a cura di Max Del Rosso

ChatGPT e altri strumenti di intelligenza artificiale generativa sono entrati nell’uso comune di moltissime persone, che siano professionisti del digitale o impiegati, imprenditori o studenti. Indiscutibilmente, tecnologie come queste permettono di velocizzare lavori manuali che richiedevano lungo tempo e ricerca per venire portati a termine, migliorando la produttività individuale e aprendo nuove possibilità anche professionali.

In questo articolo voglio analizzare alcuni dati relativi all’uso dell’IA per lo studio e la scuola, con un occhio particolarmente attento ai dati e alle statistiche.

IA e studenti: qualche dato e considerazione

L’IA è diventato un tool base dello studio a scuola da diversi anni, nonostante opinioni contrastanti sul tema.

Partiamo, come mia abitudine, dalle statistiche.

Negli Stati Uniti circa il 26% degli adolescenti intervistati in ricerche di settore afferma di utilizzare ChatGPT per svolgere i compiti quotidiani. Rispetto alle ultime ricerche, datate due anni prima, la percentuale è raddoppiata, passando dal 13% al 26%, come detto.

L’infiltrazione dell’IA nella scuola in Italia è ancora maggiore. Il campione intervistato ammette nel 66% dei rispondenti di utilizzare strumenti di intelligenza artificiale per lo studio. Questo dato ci racconta anche un’altra realtà: sul campione italiano sono state considerate anche altre IA, oltre a quelle di generazione testuale.

Possiamo fare molte considerazioni in merito, ma le due più interessanti a mio parere sono:

  • un aumento complessivo della fiducia negli strumenti digitali per la ricerca di informazioni e l’esecuzione di compiti;
  • un nuovo modello di apprendimento, che oggi si basa come mai prima d’ora non tanto sul ragionamento personale ma sul discernimento delle fonti e sul loro riassunto.

Percezione e limiti delle intelligenze artificiali

Le ricerche che sto utilizzando come fonti indagano più a fondo il tema.

Ad esempio, emerge quest’altro dato:

  • il 54% degli intervistati ritiene utili questi strumenti per la ricerca di nuovi argomenti;
  • la fiducia nello strumento cala invece se parliamo di problemi matematici, di fisica o di informatica, con un ben più basso 29% di persone che ritiene questa tecnologia affidabile per questo tema.

Una delle diffidenze più sottolineate dal campione è quella tematica: ChatGPT e altri suoi “cugini” sembrano essere inaffidabili se gli vengono sottoposti temi specifici, per esempio la geopolitica, o come detto poc’anzi i problemi di matematica o fisica.

Un nuovo approccio educativo

Non è mia abitudine concentrami sui problemi o le carenze di uno strumento, ma cercare di inquadrarli in una visione più ampia, che includa anche i loro vantaggi e delle soluzioni pratiche per limitare i problemi e utilizzare la maggior quota di potenziale di quello strumento.

Facendo un’analisi lucida e distaccata, è inevitabile però imbattersi in almeno 3 elementi di problematicità dell’utilizzo delle intelligente artificiale a scuola e nell’università. Le possiamo riassumere in:

  • plagio: la somiglianza tra contenuti è una realtà sempre più concreta nel mondo accademico, che così agendo perde di integrità e di varietà. In molti sono al lavoro per sviluppare software di analisi che devono intercettare i plagi e che possono riconoscere un testo generato con IA da uno prodotto “artigianalmente”, ma questi strumenti di AI detector non sono ancora perfetti e possono tanto mancare un plagio evidente, quanto produrre un falso positivo;
  • superficialità: ChatGPT è stato creato per compiti semplici, non per analisi dettagliate, approfondite, creative e innovative. Utilizzando solo questo strumento per una ricerca si producono inevitabilmente elaborati meno critici, meno approfonditi e che spostano meno la conoscenza attuale su un certo tema;
  • aggiornamento educativo: ad oggi nei programmi scolastici non sono inseriti moduli o lezioni dedicate ad un uso consapevole, produttivo ed etico dell’IA, e lasciando questo compito alla buona fede individuale rischiamo concretamente di andare incontro ad un peggioramento del livello di conoscenza del mondo.

Rimaniamo sul tema di rischi e opportunità, però.

Da una parte i rischi sono l’iper-dipendenza della tecnologia (pensiamo ad un caso molto più semplice: da quando esiste la rubrica sullo smartphone, chi ricorda a memoria un numero di telefono che non sia il proprio?) e un uso improprio degli strumenti che porta a risultati, anche di studio e scolastici, sotto la media.

Dall’altro, l’IA può intervenire per:

  • allargare uno spazio di ricerca
  • individuare più fonti
  • facilitare l’apprendimento (ad esempio in presenza di Bisogni Educativi Speciali)
  • costituire una risorsa per sviluppare competenze critiche di riflessione e analisi, che diventano tanto più indispensabili tanto più gli strumenti forniscono dati.

IA e istruzione: la mia prospettiva sul futuro

Date queste premesse base, posso provare a dare un mio parere sulle prospettive di interazione tra IA e scuola.

Quello che spero di vedere come prima azione è un cambiamento radicale del metodo didattico, con aggiornamenti formativi (chi usa intelligenze artificiali a scuola deve sapere come farlo in modo sicuro e produttivo, e chi glielo insegna deve essere aggiornato nel modo più puntuale e specifico possibile). Ovviamente, tutto il sistema di valutazione dovrà adattarsi di conseguenza, magari dando maggior risalto alla capacità di rielaborare, analizzare e approfondire in autonomia.

In secondo luogo, trovo indispensabile che sviluppatori e scuole aprano un dialogo produttivo, per promuovere un metodo d’uso sano, responsabile e consapevole di questi strumenti.

Infine, è necessario che venga fatta la maggior chiarezza possibile tanto sui rischi quanto sulle possibilità di questi strumenti, per provare a massimizzare i benefici e a ridurre al minimo i rischi.

Approfondimenti

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