Fra gli argomenti di maggiore dibattito scolastico che si hanno affrontati negli ultimi anni c’è quello dei simboli religiosi a scuola. In particolare, essendo l’Italia un Paese cattolico, i simboli più comuni che è possibile vedere nelle aule scolastiche sono quelli del crocifisso e, in occasione delle feste natalizie, il tradizionale presepe. Negli ultimi anni si è sollevato un enorme vespaio sulla presenza di questi simboli nelle aule scolastiche, una presenza ‘offensiva’ a detta di certi esponenti della politica, seppure in un Paese ancora – volenti o nolenti – a maggioranza cattolica.
La questione in realtà ha scavalcato da tempo il buonsenso ed è stata dirottata nella più gretta politica e nell’uso dei simboli religiosi. Un dibattito più o meno civile, questo, che si è aperto a fine 2018 quando il ministro Bussetti ha sostenuto che il crocifisso è, a suo dire, un simbolo della storia e della cultura italiana e di conseguenza non darebbe alcun fastidio nelle aule scolastiche. Le sue parole hanno sollevato un vespaio di polemiche fra chi ha direttamente collegato la volontà di mantenere il crocifisso nelle aule a una non meglio motivata mentalità xenofoba – con voli pindarici abbastanza spiccati – e chi invece si è detto d’accordo nel mantenere nelle aule i simboli religiosi più importanti d’Italia. Ma a molti la croce in aula, che sia un crocefisso da parete o di altro tipo, non sta bene. E allora si invoca il laicismo di Stato – dimenticando che lo Stato è laico, non laicista – e altri argomenti fra cui quello per cui, in un’Italia dove ormai i ragazzini stranieri nelle classi superano quasi quelli italiani, sarebbe inopportuno appendere un solo simbolo religioso. Nell’impossibilità di appenderne più di uno, si riflette, sarebbe meglio direttamente toglierli tutti. Questa, secondo taluni, sarebbe la soluzione migliore. Ma è davvero così? Un crocifisso o un presepe sono semplici simboli religiosi o sono anche simboli culturali?
Cultura e religione: la sottile linea di separazione
Il confine fra cultura e religione può essere davvero molto sottile e di conseguenza non è sempre possibile cogliere le sfumature che passano fra una realtà e l’altra. Per moltissimi italiani, non necessariamente fervidi credenti, crocifisso e presepe sono realtà culturali prima che di fede, che li hanno accompagnati da sempre nel corso della loro vita. Per questo vedere un crocifisso appeso in aula non dà fastidio anche se non si è credenti: è più un simbolo di cultura, storia, appartenenza, che non di mera fede. Lo stesso discorso, e forse anche di più, lo si può fare per le recite natalizie ed il presepe. Le classiche canzoncine di Natale, sulle quali fino a poche decine di anni fa nessuno avrebbe avuto niente da ridire, oggi sono osteggiate e non con poca durezza. Ci sono scuole dove maestre prudenti e presidi oltranziste hanno già abolito le canzoni che celebrano la nascita di Gesù – anche qui, più cultura che religione – in favore di innocue canzoncine che spesso ricalcano i canti natalizi, ma dalle quali sono chirurgicamente espunte le parole incriminate. Per non scandalizzare nessuno, si dice. Ma questo tentativo aggressivo di eliminare in modo innaturale una presenza silenziosa e tranquilla come quella di una croce appesa al muro o di un presepe nel corridoio ha incontrato la strenua resistenza di tantissimi italiani, anche non credenti. Riabilitando così forse le basi di un dibattito che vada oltre lo schermo ideologico e politico e chiami in causa la nozione di cultura, radice ed appartenenza contro quelle di sradicamento, appiattimento, melting pot insapore e vuoto simbolico e culturale.